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Web Tax posticipata per il 2019, niente accordo per la Legge di Bilancio 2018

La temutissima tassa per gli operatori del web entrerà in vigore a gennaio 2019 e non il primo luglio 2018, ecco perché

Web Tax, salta accordo: rimandato tutto al 2019: la Legge di Bilancio perde una componente importante soprattutto per chi ci tiene a regolarizzare le transazioni derivanti dal web. La temutissima web tax non entrerà in vigore il primo luglio dell’anno prossimo, bensì dal Primo Gennaio 2019. Anche OsservatorioFinanza.it aveva accennato a questa nuova imposta su chi ha una attività online e deve pagare le tasse sugli introiti, ma si pensava che la novità fosse imminente. Invece, anche forse dopo le polemiche della Grande Distribuzione contro il Black Friday e il Cyber Monday, la decisione clamorosa di rimandare il discorso all’anno prossimo.

La protesta contro la web tax italiana

Lo slittamento dell’entrata in vigore della web tax al primo gennaio 2019 è dovuto al fatto che questa imposta si potrebbe allargare potenzialmente a tutti i tipi di attività, dal solo business to business anche al business to consumer, anche se spetterà poi al Ministero dell’Economia, con apposito decreto da emanare entro il 30 aprile 2018, definire nello specifico le prestazioni di servizi a cui applicare la famigerata e controversa tassa. Nella giornata di grandi sconti, la Grande Distribuzione sotto forma di associazioni ha dato il via a una protesta silenziosa contro questo tipo di imposte, in quanto non sono paragonabili alle norme fiscali che devono seguire i commercianti dei negozi reali.

Oltre a questo, Amazon e C. farebbero concorrenza sleale, in quanto i negozi fisici hanno limiti di orario e di prezzi a cui applicare sconti e offerte, mentre con l’e-commerce questo non succede. In effetti, l’aliquota del 6% sugli introiti è irrisoria paragonata a quello che deve versare un commerciante per mantenere la sua attività dal punto di vista fiscale.

Web tax, cos’è e come viene applicata all’estero

Ma che cos’è esattamente la web tax e come funziona nei Paesi dove è applicata? La web tax è la tassazione sui guadagni delle grandi compagnie che operano nel web, quindi dall’e-commerce alla pubblicità online. In Italia, i colossi sono Google e Amazon. Il Belpaese ha deciso di giocare d’anticipo rispetto all’Europa e introdurre una norma transitoria che slitterà al 2019, mentre a livello internazionale ci sono state varie idee per definire una tassazione che aderisca alla nuova realtà della economia digitale.

Per esempio il Regno Unito ha introdotto la web tax al 25% col nome di Diverted profits tax (Dpt) Esso prevede una tassazione del 25% ma in due situazioni, quando avviene il trasferimento in Paesi a più basso prelievo, cioè la società realizza profitti nel Regno Unito esposta il tutto in Paesi con regime fiscale più favorevole verso soggetti detentori di attività immateriali Il secondo caso si chiama stabile organizzazione: la Dpt può scattare in presenza di situazioni elusive da parte di una stabile organizzazione di un’impresa non residente nel Regno Unito ma che comunque vende beni o servizi sul territorio. In India, invece esiste un procedimento chiamato equalization levy. E’ una forma di prelievo a carattere compensativo garantisce parità di trattamento per gli operatori nazionali ed esteri.

Mr.Informatico:
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